Il terremoto del Val di Noto dell'11 gennaio 1693 rappresenta, assieme al
terremoto del 1908, l'evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia
colpito la Sicilia orientale in tempi storici.
Con un'intensità pari a 7,4° della scala Richter è stato in assoluto il
terremoto più intenso mai registrato nell'intero territorio italiano.
L'evento sismico ha provocato la distruzione totale di oltre 45 centri abitati,
interessando con effetti pari o superiori al X grado MCS (scala Mercalli) una
superficie di circa 5600 km2 e causando un numero complessivo di circa 60.000
vittime e raggiungendo in alcune aree l'XI grado MCS.
La prima forte scossa (circa VIII grado MCS) della sequenza sismica che
comprende questo terremoto arrivò improvvisamente la sera del venerdì 9 gennaio
1693 alle ore 21 circa.
Crollarono numerosi edifici un po' dappertutto e vi furono vittime, altri
edifici si lesionarono seriamente.
Dato che il giorno dopo, il sabato, passò senza forti scosse, la gente si illuse
che tutto fosse finito.
La domenica mattina, 11 gennaio, alle ore 9 si ebbe una nuova forte scossa ed
un'altra circa un'ora dopo.
Ma l'evento principale (XI grado MCS), la tremenda e distruttiva scossa di 7,4°
Richter, scoccò alle 13:30 provocando l'immane distruzione e l'innesco del
successivo maremoto.
Lo sciame sismico con le scosse di assestamento, anche forti, si protrasse
ancora per circa 2 anni con un numero elevatissimo di repliche (circa 1500
eventi).
Il numero più elevato di vittime è stato registrato nella città di Catania nella
quale sono morte 16.000 persone su una popolazione di circa 20.000, a Ragusa
dove sono morte circa 5.000 persone su 9.950, a Lentini con 4.000 vittime su
10.000 abitanti, ad Occhiolà (l'antica Grammichele) che contava 2.910 abitanti e
ne perirono il 52% e a Siracusa con circa 4000 vittime su 15.339 abitanti; gli
altri centri ebbero dal 15% al 35% di morti rispetto alla popolazione residente,
tranne Palazzolo Acreide e Buscemi che lamentarono la scomparsa del 41% degli
abitanti.
Il sisma dell'undici gennaio 1693
interessò un’area vastissima della Sicilia orientale: da Messina a Val di Noto.
Gli studiosi odierni, grazie alle fonti che ne hanno descritto gli effetti,
hanno stimato anche l’intensità: undicesimo grado della scala Mercalli.
Anche
Aci Catena fu distrutta in parte: la chiesa che custodiva la preziosa icona del
XV secolo cadde, ma integro restò l'altare, la preziosa icona e il simulacro. A
differenza dei paesi limitrofi, l'antica Scarpi ebbe meno di cento vittime. Il
popolo catenoto allora attribuì alla Madre della Catena il miracolo: la Madonna
li ha protetti con il suo manto.
Grazie a questo miracolo il culto della Vergine
SS.ma della Catena si espanse molto rapidamente, infatti in poco tempo fu
ricostruita la chiesa attuale. Nei primi anni del '900, Mons. Salvatore Bella,
Vescovo di Acireale, già insigne Prevosto della collegiata di Aci Catena,
scrisse un inno alla Vergine della Catena: "Ci Salvò". Ogni anno dunque il
popolo catenoto si stringe attorno al Simulacro della Patrona, priva di ori
devozionali, per ringraziaLa della protezione ricevuta cantando questo inno di
ringraziamento.